“Ci sono ferite troppo profonde per sanguinare o per essere visibili ad occhio nudo, ma che ci portiamo dentro in silenzio, lasciando che ci avvlenino i giorni, goccia dopo goccia.”
Della famiglia dei Frezetii, Daniela è un passeraceo estrememente minuto dal piumaggio corto ed arruffato -sporadicamente arricciato nelle permanenze in zone balneari. Nonostante sia autoctona di Pinerolo, la specie di Daniela è estremamente di nicchia, sembra quasi rifiutarsi di colonizzare il territorio a favore di una vita più ritirata e domestica. Una vita segnata da profonde cicatrici, inoltre, che riemergono come macchie mai definitivamente eliminate, mai completamente superate. E nonostante a pagina 8 l’autrice si premuri di mettere in chiaro che “questo non è un romanzo autobiografico” mi pare che di macchie in controluce ne traspaiano parecchie. Ed è giusto che sia così, perchè Daniela prima e di più che essere una scrittrice è una persona di grande sensibilità, e sulla carta ci trasferisce con generosità ed amore la sua anima e la sua energia, le quali proprio per il fatto di essere sue sono impregnate di lei e della sua sostanza.
Ma non è importante comunque definire la percentuale o non-percentuale di autobiografismo, quello che conta estrememente di più è che si tratta di una storia nella quale è inevitabile specchiarsi, o perdersi, o ritrovarsi. Una storia femminile che parla al femminile sottolineando errori e timori squisitamente femminili, ed infinitamente condivisi e conosciuti. Una storie di amore eccessivo, di amore sbagliato, di amore che “è piuttosto un’appiccicosa smania di possesso”, di amore strumentalizzato, usato per mantenersi “a galla”, ed in fondo di AMORE vero con tutte le paure ancestrali possibili di poter appartenere ad una delle categorie sopraelencate. Perchè come diceva sempre mio papà, a saper ragionare si vive peggio…
P.S. Mia cara Daniela, “l’autrice delle recensioni più stimolanti e spassose del mondo” ti ringrazia della tua sincerità, sulla pagina e nella vita, ti ringrazia per averle regalato una lettura piacevolmente non scontata e sottilmente autobiografica (siamo tutte figlie di Madri, o Madri noi stesse….)e con estremo orgoglio con questo ornitologico commento inaugura la pagina anobiana dedicata ad “Amabili imperfezioni”. Secondo me, è una figata….roba da ingrassarci una decina di chili. Almeno.
Alessandra Di Buono